venerdì 27 dicembre 2013

Stop agli eccessivi formalismi sulle copie analogiche di documenti informatici

Il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia, con la sentenza del 16 dicembre 2013, n. 940, si è pronunciata sulla disciplina delle copie analogiche di documenti informatici di cui all’art. 23 del CAD (D.Lgs. n. 82/2005), valorizzandone le «finalità semplificative».
Nello specifico, ai sensi del comma 2 del citato art. 23 del Codice dell’amministrazione digitale, le copie e gli estratti su supporto analogico dei documenti informatici, conformi alle regole tecniche (delle quali, peraltro, si attende a breve la nuova versione), hanno la stessa efficacia probatoria dagli originali se la loro conformità non è espressamente disconosciuta.
Con specifico riferimento alla vicenda in oggetto, che prendeva le mosse da un procedimento di gara, l’appellante sosteneva che l’onere del disconoscimento delle copie e degli estratti su supporto analogico del documento informatico, non certificate conformi da pubblico ufficiale (ai sensi del comma 1 dell’art. 23 del CAD), non possa anche riconoscersi in sede di gara alla stazione appaltante, dato che le stazioni appaltanti non potrebbero mai reperire e fornire in tale contesto la probatio diabolica a supporto dell’eventuale disconoscimento delle dette copie. Secondo tale tesi, dunque, il comma 2 dell’art. 23 del CAD potrebbe trovare applicazione unicamente nel caso di un rapporto processuale, e non già in sede amministrativa.
Sul punto, viceversa, il Consiglio di Giustizia Amministrativa, alla luce delle richiamate finalità “semplificative” del comma 2 dell’art. 23 del CAD, ha ritenuto corretta l’applicabilità della relativa disciplina, non solo alle vicende processuali, ma a ogni procedimento. Del resto, a opinione del Collegio, nulla induce o autorizza a ritenere che l’amministrazione (nonché ogni altro soggetto pubblico o privato) sia obbligato a pretendere che, per tutte le copie su supporto analogico di documento informatico, la relativa conformità all’originale in tutte le sue componenti sia attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Diversamente, secondo i Giudici, tale “obbligo di autentica”, «contrasterebbe con ogni prassi in materia di ordinario utilizzo delle copie semplici, nonché con evidenti esigenze di non aggravamento dei procedimenti in ogni caso in cui ciò non appaia concretamente necessario».
Inoltre, occorre considerare che nel caso in cui la stazione appaltante sollevi un dubbio sulla conformità della copia documentale al suo originale, non si richiederebbe alla stessa di assolvere ad alcun onere istruttorio, gravando interamente sulla parte che sostiene la conformità con l’originale di fornire la relativa prova, mediante la produzione, a richiesta dell’altra parte (del rapporto sostanziale), di una copia conforme, in luogo di quella semplice inizialmente allegata.
Da ultimo, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha osservato che tali censure muovevano tutte dall’erroneo assunto di un esasperato formalismo nel rapporto tra originali e copie dei documenti, cartacei o informatici e la loro generazione, nonché da una singolare concezione delle falsità e alterazioni documentali.

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