venerdì 1 giugno 2012

Semplificazioni per il rilascio di autorizzazioni all’installazione di impianti audiovisivi sui luoghi di lavoro: stop alle ispezioni

Con una circolare del 16 aprile 2012, il Ministero del Lavoro, con il dichiarato intento di impegnare il proprio personale unicamente alla ricerca e alla lotta al lavoro nero, ha di fatto eliminato il sopralluogo preventivo nelle aziende che chiedono alla Direzione Provinciale del Lavoro l’autorizzazione per installare sistemi di videosorveglianza. Ciò, naturalmente, a condizione che l’installazione di tali impianti avvenga nel rispetto dello Statuto dei Lavoratori e delle prescrizioni contenute nel d.lgs. 196/2003. Il numero crescente di richieste pervenute in questi ultimi anni alle DPL, finalizzate per lo più alla prevenzione di fenomeni legati alla criminalità, e le evidenti difficoltà degli ispettori nel procedere tempestivamente agli accertamenti, infatti, hanno indotto il Ministero a prendere questa importante decisione, che avrà certamente dei risvolti in sede di interpretazione e coordinamento con quanto già da tempo stabilito dal Garante Privacy in materia di videosorveglianza. Se da una parte, infatti, si potrebbe pensare a una liberalizzazione dell’utilizzo delle videocamere aziendali, dall’altra l’Autorità Garante, nei confronti delle singole aziende ispezionate, continua a prescrivere con i suoi provvedimenti il raggiungimento di un accordo con i sindacati o, in alternativa, l’obbligatorietà dell’istanza alla DPL (con relativa autorizzazione) quali condizioni di liceità del trattamento per l’utilizzo di impianti di videosorveglianza all’interno dei contesti aziendali. Nella circolare, tuttavia, vengono citate solo alcune attività commerciali (come tabaccherie, ricevitorie, oreficerie, edicole, distributori di carburante, etc.) che presentano forti rischi per la sicurezza dei lavoratori e che giustificherebbero l’installazione di un impianto di videosorveglianza anche in assenza di un accertamento tecnico preventivo dello stato dei luoghi da parte della DPL, perché ininfluente ai fini del rilascio dell’autorizzazione; è certo, comunque, che in questi casi farà fede la documentazione inviata dal datore di lavoro (contenente le caratteristiche tecniche del sistema di videosorveglianza, la planimetria dei locali, il numero di telecamere e il loro posizionamento) e il rispetto del provvedimento generale del 8 aprile 2010 emanato dall’Autorità Garante Privacy. Nella Circolare si citano a titolo esemplificativo le seguenti prescizioni: 1) il rispetto della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 196/03 recante il Codice in materia di protezione dei dati personali e dai successivi provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali, in particolare il Provvedimento generale dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza; 2) il rispetto di tutta la normativa in materia di raccolta e conservazione delle immagini; 3) prima della messa in funzione dell’impianto l’azienda dovrà dare apposita informativa scritta al personale dipendente in merito all’attivazione dello stesso, al posizionamento delle telecamere e alle modalità di funzionamento e dovrà informare i clienti con appositi cartelli; 4) l’impianto, che registrerà solo le immagini indispensabili, sarà costituito da telecamere orientate verso le aree maggiormente esposte ai rischi di furto e danneggiamento (limitando l’angolo delle riprese ed evitando, quando non indispensabili, immagini dettagliate), l’eventuale ripresa di dipendenti avverrà esclusivamente in via incidentale e con criteri di occasionalità; 5) all’impianto non potrà essere apportata alcuna modifica e non potrà essere aggiunta alcuna ulteriore apparecchiatura al sistema da installare, se non in conformità al dettato dell’art. 4 della L. n. 300/1970 e previa relativa comunicazione alla DPL; 6) le immagini registrate non potranno in nessun caso essere utilizzate per eventuali accertamenti sull’obbligo di diligenza da parte dei lavoratori, né per l’adozione di provvedimenti disciplinari; 7) in occasione di ciascun accesso alle immagini (che di norma dovrebbe avvenire solo nelle ipotesi di verificazione di atti criminosi o di eventi dannosi), l’azienda dovrà darne tempestiva informazione ai lavoratori occupati; 8 ) i lavoratori potranno verificare periodicamente il corretto utilizzo dell’impianto. Restano, tuttavia, alcune questioni a cui la citata circolare del Ministero del Lavoro omette di dare risposta: - Cosa fare nei casi di esercizi commerciali diversi da quelli citati nella circolare? - Come si deve operare se in azienda non vi sono rappresentanze sindacali? - Può valere anche in altri contesti la “presunzione di ammissibilità” delle domande? Sicuramente le aziende dovranno prestare la massima attenzione in fase di presentazione della domanda e della relativa documentazione, valutando in modo corretto il proprio e specifico caso al fine di verificare se si possa rientrare in tali semplificazioni. Ricordiamo, infatti, che il Garante Privacy non è quasi mai permissivo in circostanze che prevedono l’utilizzo di sistemi potenzialmente invasivi e pericolosi per la riservatezza del lavoratore (e gli ultimi provvedimenti in materia lo dimostrano chiaramente). Ciò detto, il risultato è sempre lo stesso: ci troviamo di fronte al solito scontro tra semplificazione, da una parte, e imposizioni di rigorose misure di sicurezza, dall’altra.

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